Api, la loro moria è un problema serio per l’ecosistema sempre più in rovina

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Il problema eccede la singola specie delle api domestiche da miele e coinvolge per intero il genere degli apoidei, base della biodiversità e della vita umana, in assenza dei quali non potremmo mai godere di ogni singola gioia alimentare che il nostro territorio ci offre.   Sebbene l’egocentrismo umano negli ultimi anni si sia spinto a livelli estremi arrivando alla considerazione di sé come padrone di questo mondo, l’ambiente ci sta inviando segnali cercando di dimostrarci quanto in realtà siamo animali dipendenti da quest’ultimo.                La natura è la nostra casa e la nostra gabbia e la relazione con essa ha forti caratteri antroponimi, il suo comportamento è la risposta delle nostre azioni, la conseguenza di ciò che le forniamo. Siamo gli ospiti che fanno danni e che non vogliono pagare.

Le associazioni degli apicoltori Conapi e Unaapi hanno reso noto che dagli anni Novanta vi è un declino inarrestabile della produzione di miele dovuto al calo delle capacità produttive delle api e della loro sopravvivenza, denunciando come causa particolare l’uso di pesticidi e in generale il modello di produzione agricola agroindustriale che vede l’affermarsi di colture OGM e il reiterarsi delle monocolture in monosuccessione. Il fenomeno è stato nominato “Colony collapse disorder” (Ccd) nonché “disturbo da collasso dell’alveare”. Il caso italiano ha visto solo nel 2007 un aumento della mortalità delle api di circa il 35% contro la moria naturale che prevede circa un 10-15%; inoltre nonostante sia la quarta apicoltura su scala europea, con 1.100.000 alveari e 75.000 (dati Unaapi 2004), lo strumento legislativo attuale risale al 1926.

Le cause sono molteplici e si estendono dai problemi naturali come infestazioni di parassiti a l’eccessivo uso agricolo di prodotti chimici. L’acaro parassita “Varroa destructor” è l’infestatore più ricorrente, provoca malformazioni ed elevata mortalità, tuttavia se le api fossero esposte soltanto a crisi e attacchi dal mondo naturale stesso la situazione non sarebbe così grave.                                                                                                             Il settore agricolo negli ultimi anni ha incentivato l’uso di neonicotinoidi come pesticidi, sono prodotti di sintesi sistemici che ricoprono e si diffondo attraverso l’intera pianta rendendo possibile una protezione totale e quasi perfetta, il loro utilizzo massiccio è sostenuto e giustificato dalla bassa tossicità nei confronti dei vertebrati e dalla applicazione locale che garantisce una copertura totale. A tali effimeri benefici si contrappone una conseguenza drammatica, sono chimicamente affini alla nicotina e pertanto agiscono a livello neuronale provocando paralisi che degenerano nella morte dell’insetto che ne entra in contatto.            Il Tiacloprid è il pesticida più utilizzato e proposto come cancerogeno di categoria 2 da parte dell’ECHA. Altro pesticida largamente impiegato nelle colture europee è il Clorpirifos (CPY), dannoso per la sua capacità di diffusione aerea e dunque per la contaminazione dell’ambiente circostante.                                                                                                                      Per ovviare il problema e dunque mantenere costante l’offerta e il prezzo del prodotto, molti stati hanno trovato come soluzione-toppa l’attuazione di pratiche illegali come la commercializzazione di falso miele, attraverso il processo di adulterazione vengono aggiunti zuccheri alle miscele creando un prodotto di qualità inferiore e privato di neutralità e purezza. Questa pratica è sempre più frequente e affinata soprattutto nei paesi asiatici e negli Stati Uniti dove ci si è addirittura spinti all’utilizzo di zuccheri del riso in quanto non individuabili attraverso l’analisi del Carbonio Tredici.                                                                                  Credo che uno dei problemi fondamentali della razionalità umana sia il fatto di cercare costantemente soluzioni volte a modificare l’effetto del problema e non la sua radice.            Ci stiamo autodistruggendo, stiamo distruggendo la nostra casa e da soli non potremmo mai riuscire a sopravvivere. I primi sintomi di sofferenza si stanno già rilevando, il nostro ambiente ci manda segnali sempre più spesso. Perché non lo ascoltiamo? Intere specie stanno lentamente scomparendo, non potremmo più beneficiare di prodotti importanti. Perché non lo comprendiamo? una giusta riflessione a tutti.

fonte:www.greenme.it

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